L'Architettura per l'Uomo
Tratto da una intervista a C.Lepri comparsa su "Io artista" del 2013:
Quando osservo la realtà intorno a me, sono sempre catturato dalla luce che buca il buio, la luce che sfiora il soggetto donandogli vita. In questo la pittura di Caravaggio è un mio riferimento alto. Le scene ricche di contrasti luminosi sono le mie preferite. Il chiaroscuro dona all’immagine un ritmo, una tensione importante. Ho cominciato a visitare i parchi per cogliere il buio della vegetazione squarciato dai lampi di sole. Anche la fotografia notturna mi ha attirato: lì si gioca tutto tra l’oscurità degli spazi e la luce che filtra da finestre socchiuse, che occhieggia da smilzi lampioni.
Poi mi sono accorto che la mia passione per l’architettura trovava un arricchimento con la fotografia. Mi affascina l’equilibrio armonico dell’architettura, che ritrovo nelle grandi realizzazioni come nelle più semplici. Questo equilibrio trova piena corrispondenza nel ritmo che cercavo di cogliere nell mie immagini: fossero le porte del Duomo di Vigevano o le arcate di vetro della Stazione Centrale di Milano. Ho cominciato a scattare sempre più foto di architettura -intere strutture o di dettagli-, ma sempre componendo per linee rette e composizioni regolari, che presentavano la realtà per come la vedevo. Un’importante esperienza è stato il mio coinvolgimento tra i coodinatori del progetto “Villa Litta” in cui “Foto in Fuga”, il fotoclub ha cui sono iscritto, ha fotografato lo spledido Ninfeo per l’Associzione degli Amici di Villa Litta di Lainate. Progetto che poi è diventato un’apprezzata mostra fotografica. Grazie a quella esperienza un concetto che mi appare sempre più chiaro: io non fotografo cose morte, ma soggetti che respirano, vivono. Anche se si tratta di architettura. E la curva è il segno della vita. Che segno utilizziamo per disegnare un uovo? che segno utilizziamo per disegnare la pancia di una mamma in attesa? e cosa è vivere se non abbracciare il mondo che ti circonda? e che segno utilizziamo per disegnare un abbraccio? Per questo nelle mie foto cerco sempre più di cogliere il segno circolare, la linea curva.
L’architettura può apparire a molti una cosa fredda, distante: può emozionare una fotografia di architettura?
Io dico di sì. Quando vedo un architettura mi immagino gli scalpellini che hanno lavorato la pietra , i muratori che l’hanno innalzata, gli architetti che l’hanno disegnata. Questo vale per le grandi costruzioni, ma anche per opere più piccole. Ho in mente il mobilio, sedie e divanetti in legno pregiato, pensati e realizzati da Antoni Gaudì e i suoi ebanisti. L’architettura è una struttura che organizza uno spazio vuoto a beneficio dell’uomo: voglio raccontare questo con le mie fotografie. Il lavoro dell’uomo per l’uomo. Raccontandolo per sottrazione, cercando di coinvolgere l’osservatore chiedendogli di aggiungere quello che non c’è, chiedendogli di mettersi in gioco.
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Realtà imperfetta, che però cerchi di rendere perfetta mettendoci un bel bianco e nero. E’ così?
La questione è che scopo ti poni. Desidero far vedere la “non perfezione” del mondo che mi circonda, e allora utilizzo il bianco e nero quando, eliminando il colore, favorisco la concentrazione dello sguardo su alcuni elementi dell’immagine. La perfezione alla lunga stanca, avere a che fare con un mondo imperfetto è stimolante. C’è spazio per l’uomo, anche lui limitato e imperfetto, c’è spazio per il suo agire, c’è un motivo per il suo
essere qui.
Ci presenti immagini in cui l’uomo o la donna sono presenti, ma nelle foto di architettura generalmente l’uomo non c’è.
Sì, l’indicazione di foto di architettura per le mie immagini mi appare sempre più imprecisa. Desidero fotografare la realtà del mondo, urbano specialmente, che l’uomo abita. Penso però non ad un luogo perfetto, ma un luogo imperfetto che dialoga con l‘uomo, che lo cerca, che lo abbraccia.
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